Miniere in Sardegna
La storia mineria della Sardegna pone le sue radici già in età preistorica, con la lavorazione dei primi bronzetti sardi in età neolitica e l'utilizzo dell'ossidiana per la realizzazione di arnesi e armi da caccia. Intorno al III millennio a.C, l'arrivo dei fenici prima e dei cartaginesi poi, portò ai primi sfruttamenti dei giacimenti dell'isola, i quali portarono nuove conoscenze minerarie del ferro e dell'Argento.
Il susseguirsi dei domini Romano, Bizantino e Spagnolo diedero vigore ai giacimenti sardi con innovative tecniche d'estrazione, ma fu il periodo Sabaudo, intorno al 1700, a dare la svolta alle attività di estrazione dell'isola, con la realizzazione della fonderia di Villacidro e migliorando il sistema organizzativo, portando la produzione a livelli altissimi. L'introduzione di nuove leggi che regolamentavano la proprietà dei terreni minerari furono poi fondamentali, facilitando l'ottenimento delle concessioni minerarie che attirarono in Sardegna numerosi imprenditori ed investimenti stranieri.
E' soprattutto a partire dalla seconda metà dell'800 che la grande rivoluzione industriale segnò lo sviluppo economico e sociale dell'isola, favorendo la nascita di nuovi giacimenti e la conseguente crescita della rete ferroviaria e stradale della Sardegna. L'invenzione della dinamite e la rivoluzione tecnologica dell'energia elettrica portarono alla nascità di nuove miniere di carbone, zinco, argento, piombo e ferro.
Nel 1968 l'ingresso di capitali pubblici portarono una nuova spinta al lovoro delle miniere, ma il progressivo esaurimento dei giacimenti e l'insostenibile crescita dei costi portò ad un graduale declino delle miniere, intorno agli '90.
Nel 1997 l'UNESCO ha riconosciuto il Parco Geominerario della Sardegna Patrimonio dell'umanità.
Oggi le miniere dell'isola hanno cessato la loro attività di estrazione aprendo le porte ad affascinanti visite guidate al loro interno